L’anno scorso la Dolomiti Energia Trentino aveva aderito a One Team, il progetto di responsabilità sociale promosso da Euroleague Basketball per stimolare iniziative che utilizzino le potenzialità del basket come mezzo per creare relazione e integrazione tra persone che hanno storie, esperienze e abilità diverse. Così nella stagione 2015/16, insieme ad ATAS e a Centro Astalli, coordinati dal Cinformi della Provincia Autonoma di Trento, la società bianconera aveva organizzato una squadra di basket per richiedenti asilo che si è allenata per sei mesi sotto la guida di un coach della Dolomiti Energia Trentino. Il capitano Toto Forray era stato più volte a seguire gli allenamenti dei quasi 30 richiedenti asilo provenienti dall’Africa o dall’Asia che nell’appuntamento settimanale del giovedì avevano trovato l’occasione di divertirsi, parlare in italiano con i volontari e gli allenatori, conoscersi e crescere insieme come gruppo e come squadra.

Dopo la positiva esperienza della passata stagione, la società bianconera ha deciso di riproporre la stessa iniziativa collaborando sia con ATAS e Centro Astalli, che con l’Università di Trento. Infatti da quest’anno il progetto, che ha ricevuto anche l’apprezzamento e il finanziamento da parte dell’UE, sarà monitorato e valutato dall’Università di Trento per cercare di capire quale impatto può avere sui richiedenti asilo un’esperienza di integrazione che passa attraverso lo sport.

Per questo i ragazzi non andranno solo in palestra ma saranno anche monitorati all’inizio e alla fine del percorso attraverso colloqui in cui verranno rilevati i potenziali miglioramenti della condizione fisica, del benessere psichico, della conoscenza della lingua e del contesto territoriale in cui vivono. Così, dai primi di gennaio, un gruppo di 25 ragazzi provenienti da Senegal, Mali, Gambia, Ghana, Nigeria, Guinea, Costa d’Avorio e Afghanistan si sta allenando due volte in settimana sotto la guida dei coach Moussa Dia e Nicolò Gilmozzi, sudando in palestra per migliorare i fondamentali del gioco del basket: talvolta però è lo stesso viceallenatore della prima squadra bianconera Vincenzo Cavazzana a guidare gli allenamenti, portando sul parquet di gioco tutta la sua esperienza. Gli allenamenti sono condotti tutti in lingua italiana e in questi due mesi i ragazzi hanno fatto importanti passi in avanti e prossimamente affronteranno le prime gare amichevoli. I passi in avanti non sono solo, però, da un punto di vista tecnico: infatti, il basket sta veramente favorendo sotto tanti punti di vista l’integrazione tra gli stessi richiedenti e la comunità trentina come è nelle speranze del progetto che prende appunto il nome di “Basketball: a world in a word”.

LUIGI LONGHI (Presidente Aquila Basket Trento): “Con questo progetto Aquila Basket continua la sua azione a favore della comunità in cui vive. La presenza di ragazzi provenienti da tutte le parti del mondo deve essere una ricchezza. Il basket per sua natura non fa differenze né di razza né di colore o di culture ma unisce grazie alla passione per fare canestro. E fare canestro è questo splendido progetto che realizziamo per il secondo anno contando anche sulla collaborazione con l'Università degli studi di Trento”.

CRISTIANO VEZZONI, (Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale, Università degli Studi di Trento), che coordina il lavoro di valutazione del progetto e partecipa agli allenamenti: “Ogni allenamento è un’esplosione di energia e un’opportunità di conoscenza e integrazione, sia per i ragazzi che per i tecnici e i volontari. Per i ragazzi rifugiati poi, i progressi nel gioco del basket diventano un mezzo per rafforzare la propria autostima, per migliorare il proprio stato psico-fisico e per maturare competenze linguistiche e sociali che li aiuteranno nell’integrazione nella società che li accoglie. Per questo l’università ha promosso una rigorosa attività di ricerca per comprendere meglio gli effetti del progetto sui ragazzi e per fornire gli strumenti per renderlo ancor più efficace nel futuro.”

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