Tony Mitchell è un ala piccola, genio e sregolatezza come si addice ad un figlio del Sud degli States. Ha già avuto esperienze in D-League, ha strappato un contratto decadale nella NBA con la maglia dei Milwaukee Bucks, e nella sua carriera post universitaria ha già girato il mondo, giocando nelle Filippine e in Cina. Isaiah Armwood invece è un ala-centro. Classico studente modello, è nato a Baltimore, all’università ha giocato a Villanova e George Washington, ed è un rookie che di fatto non ha mai vissuto troppo lontano da casa. In comune Tony e Isaiah, apparentemente così diversi, hanno due cose. La prima è notizia fresca, di poche settimane: giocheranno entrambi in serie A con la maglia della Dolomiti Energia Basket Trento, ultimi colpi di mercato messi a segno dal general manager Salvatore Trainotti. La seconda, invece, affonda le radici nel loro modo di interpretare il basket: entrambi hanno una magnetica attrazione per il ferro, che sono sempre pronti ad aggredire a suon di schiacciate, appena se ne presenta l’occasione.

E se questo è un aspetto che nel basket moderno ormai si tende a dare per scontato per un lungo come Armwood, per un 198 cm come Mitchell basta guardare al suo recente passato, con tanto di vittoria alla gara delle schiacciate della D-League, per trovarne conferma.  “Agli inizi della mia carriera – ha raccontato Mitchell nel giorno in  cui il presidente di Aquila Basket Luigi Longhi lo ha presentato alla stampa assieme ad Isaiah Armwood – tutti mi conoscevano solo come un grande schiacciatore. Col tempo ho aggiunto altre caratteristiche al mio gioco, e spero di poter continuare su questa strada anche quest’anno a Trento. Dopo l’esperienza nelle Filippine, dove tutti corrono avanti e indietro come pazzi, e in Cina, dove il gioco era più strutturato, ma solo in apparenza dato che alla fine spesso ci si trovava a dover attaccare da soli contro cinque avversari, ho scelto l’Europa, e soprattutto l’Italia, perché ritenevo che questa fosse la situazione perfetta per un giocatore al mio punto della carriera. Credo che a Trento troverò il contesto ideale per esprimere il mio talento, grazie ad un club che ha costruito una forte tradizione vincente negli ultimi anni. La NBA? E’ sempre una opzione, ma non ci penso. Se fossi stato pronto per giocarci non sarei qui. Quindi cercherò di fare il massimo con questa maglia. E se mi troverò bene il mio obiettivo potrebbe anche essere rimanere qui”.

A Trento – gli ha fatto eco Armwood – sono arrivato perché ho in testa solo una cosa. Vincere. E’ quello che ho sempre aspirato a fare in tutte le mie esperienze. Al college, dopo due anni a Villanova, ho scelto di cambiare università non perché non mi trovassi bene, anzi Villanova era un ambiente fantastico, ma perché avevo bisogno di più spazi per crescere come giocatore. Li ho trovati a George Washington. Come dite? Il campionato italiano è molto tattico e potrebbe limitare le situazioni in cui sono abituato a schiacciare? Credo solo si tratti di abituarsi ad aggiustare il proprio gioco. Fatti gli opportuni aggiustamenti, non c’è tattica che tenga. L’atletismo è l’atletismo. Non lo puoi limitare”. Armwood, a differenza di Mitchell approdato a Trento solo domenica, è arrivato in tempo per assistere all’amichevole che Forray e compagni hanno disputato sabato a Carisolo contro Cremona. “Ho visto una squadra che gioca molto insieme. Con tutti vogliosi di cercarsi e col coach molto concentrato a seguire questi aspetti. Il gruppo mi ha fatto una ottima impressione”.

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